Omelia per il 200° anniversario
della nascita di S. Giovanni Bosco
31 gennaio 2015
Fratelli e Sorelle!
- Duecento anni fa, il 16 agosto 1815, a Castel Nuovo d’Asti, nasceva S. Giovanni Bosco, che - come abbiamo pregato nella orazione di questa Messa- è stato “padre e maestro dei giovani” e “lavorò con instancabile zelo per il bene della Chiesa”. Un grande Santo, che ha ricevuto da Dio un dono dello Spirito, un carisma per l’intero Popolo di Dio. Con la sua vita ha irradiato la premura e l’amore di Dio per l’educazione e la felicità soprattutto dei ragazzi e dei giovani. Siamo qui per ringraziare e benedire il Signore per il grande dono della persona di don Bosco e per l’opera che il Signore gli ha ispirato e che continua attraverso le fondazioni a cui ha dato origine: la Società di S. Francesco di Sales (i Salesiani), l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori Salesiani.
- La Parola di Dio che è stata proclamata ci aiuta a cogliere alcuni tratti distintivi dell’anima e dell’opera di Don Bosco.
Nella prima lettura il profeta Ezechiele, al popolo di Israele in esilio a Babilonia, apre i cuori alla speranza, perché dopo un tempo di disorientamento e di oppressione, per colpa di cattivi pastori, annuncia che il Signore stesso si fa pastore del suo gregge. La colpa dei cattivi pastori è stata l’egoismo, la ricerca del proprio interesse, l’abbandono del gregge. Dio incoraggia il popolo con queste parole: “Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. …Passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine…. Andrò in cerca delle pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte. Susciterò in loro un pastore che le pascerà”. Dio ama le sue pecore e vuole che nessuna manchi all’ovile; le recupera dovunque siano disperse, le tratta tutte con sollecitudine secondo le necessità di ciascuna.
La figura di Iahvé-pastore, annunziata dal profeta, trova compimento e realizzazione piena in Gesù, che va oltre e si definisce “il buon pastore”, il pastore che dà la vita col sacrificio della croce e nell’evento glorioso della risurrezione manifesta il disegno redentivo di Dio, che vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità. Per questo dice a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, l’unigenito, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia vita eterna “ (Gv 3, 16). A questa volontà di salvezza Gesù dichiara di anteporre tutto: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). Guardando a Gesù e alla sua missione, al buon pastore che dà la vita per donare la vera vita, comprendiamo agevolmente il modo con cui S. Giovanni Bosco ha vissuto il sacerdozio e la missione pastorale: egli è un’immagine ben riuscita di buon pastore.
- Don Bosco è stato anzitutto un uomo di fede; un conquistato da Gesù e dal Vangelo e, perché tale, un vero discepolo di Cristo, al quale ha consacrato con speciale amore se stesso per la missione. La vita appassionata e generosa di Don Bosco la si può comprendere solo a partire da un centro: il primato di Dio e il suo amore per i ragazzi e i giovani. Il suo programma apostolico “Da mihi animas, cetera tolle” (dammi le anime, toglimi il resto), che racchiude tutta la sua esuberante personalità, trova il vero fondamento nella relazione intima e profonda con Gesù Cristo. Egli si è forgiato conformando tutto se stesso a Gesù buon pastore; da questo punto focale è scaturito il suo modo di pensare, i suoi interessi, il coraggio nelle difficoltà; dalla sua profonda spiritualità si comprende l’intraprendenza creativa, il dinamismo apostolico, l’instancabile laboriosità, l’audacia pastorale nel mettersi senza riserve al servizio dei giovani. Don Bosco sentiva che era Cristo stesso a mandarlo ai giovani, e dunque ha rinunciato a tutto per seguire il Signore. Egli è stato un santo di una sola passione: “la gloria di Dio e la salvezza delle anime”.
- Il Vangelo di Matteo, nel contesto dell’insegnamento di Gesù ai discepoli, secondo cui l’essere il primo o il più grande non dipende dalla posizione che si occupa o dal potere, ma dal farsi piccoli di fronte a Dio e umili come bambini, ci mostra il Signore che invita ad aver cura dei piccoli: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”. Ciò che viene fatto ad un bambino, viene fato a Cristo. Dovette essere questo principio, meglio questa identificazione spirituale dei piccoli con Cristo, la loro vita, l’educazione, il loro sviluppo umano e cristiano dei ragazzi in relazione a Cristo, che mosse il cuore di Don Bosco a consacrare se stesso al bene dei ragazzi. Dedicarsi ad essi è stato per lui fare la volontà di Cristo: ciò che faceva ad un ragazzo lo faceva a Gesù Cristo.
A servizio di questo ideale apostolico, su insistenza dei suoi collaboratori, nel 1877, don Bosco scrisse, sembra a malincuore, “Il sistema preventivo nella educazione della gioventù”, sette paginette che già nell’800, il secolo dei grandi teorici della pedagogia[1], suscitarono interesse e apprezzamento anche in ambienti non cristiani.
Un metodo educativo che Don Bosco esortava a praticare per i grandi vantaggi che ne derivavano per la salute delle anime. Egli diceva: ”Lo scopo cui miriamo […] è la civile istruzione, la morale educazione della gioventù […] per sottrarla all’ozio, al mal fare, al disonore e forse anche alla prigione, ecco a che mira la nostra opera”. Il suo metodo, quindi, non è solo frutto della sua geniale personalità, ma del suo cuore generoso e della sua ricca esperienza. Coinvolgere insieme – egli diceva - la ragione, la religione e l’amorevolezza, secondo uno stile educativo di “famiglia”, in un clima serio ed impegnato, sempre temperato dalla spontaneità, dalla gioia, dall’attività individuale e di gruppo, protetto e promosso dalla presenza continua degli educatori, significa declinare insieme e con grande frutti tutti gli elementi educativi fondamentali. L’educatore è come il Buon Pastore, che conosce le sue pecorelle, le chiama per nome, si fa ascoltare da esse, le raccoglie e le conduce, cerca quelle in difficoltà e le difende. Al centro del Sistema Preventivo sta, quindi, l’eccezionale ed umanissima carica di bontà educativa di Don Bosco, che si concretizzò nel suo amore verso i ragazzi: un amore che seppe farsi amare, che suscitò amore, che liberava e salvava. Ciò conduceva ad una formazione che portava a diventare – egli diceva - “onesto cittadino nella civile società, buon cristiano nella Chiesa e un giorno fortunato abitatore del Cielo”.
- Nella seconda lettura, S. Paolo incoraggia i Filippesi a rallegrarsi nel Signore. “La vostra affabilità sia nota a tutti”, perché “il Signore è vicino”. Trasmettere gioia è stata la caratteristica della missione educativa di Don Bosco; egli attraeva con la sua bontà e dolcezza e intorno a sè suscitava serenità. “Fate conto – diceva ai ragazzi - che quanto io sono, sono tutto per voi, giorno e notte, mattino e sera, in qualunque momento. Io non ho altra mira che di procurare un vostro vantaggio morale, intellettuale e fisico. Ma per riuscire in questo ho bisogno del vostro aiuto. Io non voglio che mi consideriate tanto come vostro superiore quanto come vostro amico”. Il tono amorevole e lo spirito di famiglia che voleva regnasse nelle sue case portavano gioia, che considerava come frutto di vita interiore e di rapporti spontanei. Restano per tutti noi memorabili le sue parole conservate nell’Epistolario: “Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi”. Don Bosco affascinava i ragazzi che si sentivano trascinati ad essere come lui. “L’educazione è cosa di cuore”: l’amore si manifesta attraverso le parole, i comportamenti e perfino nell’espressione degli occhi e del volto. Se il giovane si sente amato, risponderà con amore e docilità.
- Cari fratelli e sorelle! La spiritualità e l’azione educativa ed apostolica di Don Bosco sono ancora attuali e vive più che mai nel nostro tempo, un tempo di emergenza educativa e di nuove sfide. Da questo grande Santo giunge un invito, non solo ai voi suoi Figli e Figlie, ma ad ogni educatore, l’invito a trarre da lui ispirazione nella missione che siamo chiamati a svolgere oggi. Conosciamo Don Bosco, studiamolo, imitiamolo, invochiamolo perché ci ottenga la passione apostolica che sgorga dal cuore di Cristo. Una passione che si concretizza nella capacità di donarsi, particolarmente ai ragazzi e ai giovani, per condurli a Cristo, capacità di comprenderli, di soffrire con loro e per loro, accettando con serenità le difficoltà di un cammino difficile e talvolta, almeno apparentemente, infruttuoso.
- Nella vita di Don Bosco un posto speciale l’ha avuto Maria Ausiliatrice. “E’ Lei che ha fatto tutto”, ripeteva al termine della vita. La Vergine Maria, che ha accompagnato e protetto in questi due secoli l’opera di Don Bosco, continui a sostenerla e benedirla. Sarà ancora Lei la guida e la maestra della grande Famiglie dei Figli e Figlie di Don Bosco. Ella vi aiuterà a custodire, comunicare e sviluppare in questo terzo millennio il carisma del vostro Santo Fondatore e sarà per l’intera Famiglia salesiana la Madre e la Stella della speranza.
Agostino Card. Vallini