Paolo VI  Beato, vince la modernità. "Papa Luciani? Fu morte naturale"

ESCLUSIVO. Il Rettore dell'Università Lateranense, monsignor Enrico dal Covolo mette fine al giallo sul breve pontificato di Albino Luciani: "Come postulatore smentisco tutta la letteratura fiorita sul caso".

Domenica la Chiesa di Bergoglio festeggia la fine del Sinodo e

la beatificazione del primo Pontefice che viaggiò in aereo.

L'INTERVISTA:

di Valentina Renzopaoli


A poco più di cinque mesi della sua proclamazione a “beato”, dopo l'attribuzione del miracolo della guarigione “scientificamente inspiegabile” di un nascituro, avvenuta negli Stati Uniti nel 2001, Papa Paolo VI verrà proclamato “beato” da Papa Francesco domenica 19 ottobre. L'iter del processo diocesano per la sua causa era iniziato, per volere di Papa Wojtyla, l'11 maggio 1993 e la celebrazione coinciderà con la fine dell'assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia. Monsignor Enrico dal Covolo, Rettore dell'Università Lateranense sceglie Affaritaliani.it per ricordare il Papa della Modernità e fare alcune anticipazioni sulla prossima beatificazione di Papa Luciani, di cui Enrico dal Covolo è postulatore.
Monsignor dal Covolo, lo scorso 27 aprile sono stati proclamati Santi Giovanni Paolo II e Giovanni XIII, a sei mesi di distanza, domenica prossima verrà dichiarato Beato Paolo VI. Cosa rappresenta questo nuovo grande evento per il pontificato di Papa Francesco?

 

“Ritengo che Francesco voglia rimarcare il legame di santità che lo lega ai suoi predecessori. La beatificazione di Paolo VI è perciò un grande evento per la Chiesa. E a questo proposito, posso aggiungere che siamo a buon punto anche nel processo di beatificazione di papa Giovanni Paolo I del quale sono postulatore. La mia collaboratrice, la giornalista Stefania Falasca, ha raccolto ormai tutto il materiale per la definitiva consegna della "Positio" al Relatore generale della Congregazione delle Cause dei Santi, padre Vincenzo Criscuolo. Siamo dunque nella fase finale. Verranno stampati due grossi volumi, rilegati in tela rossa, che documenteranno al meglio l'eroicità della vita e delle virtù di Giovanni Paolo I, Albino Luciani. E posso anticiparlo, verrà smentita tutta la letteratura fiorita intorno alla sua morte, la quale fu dovuta inequivocabilmente a cause naturali”.

 

Papa Francesco ha deciso di celebrare la beatificazione domenica 19 ottobre, giorno in cui termineranno i lavori delle due settimane del Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia: un ulteriore omaggio al pontefice che lo istituì. Quale importanza ebbe allora la nascita di questo organismo?
“In effetti, Paolo VI il 15 settembre 1965, venendo incontro al desiderio dei Padri conciliari, istituì in maniera permanente il Sinodo dei Vescovi. La decisione fu strategica. Intendeva rispondere in qualche modo a uno dei problemi più dibattuti – e per alcuni aspetti rimasto irrisolto – della collegialità nel governo pastorale della Chiesa. Una collegialità alla quale si ispirano i lavori di questo Sinodo della famiglia”.
Quando e come lei ha conosciuto Paolo VI?
“Ho conosciuto Paolo VI quando era Arcivescovo di Milano. La mia famiglia si era trasferita dal Veneto nell'ottobre del 1958. Il mio papà era magistrato, e noi seguivamo i suoi spostamenti d'ufficio. Io sono l'ultimo di dieci fratelli, cinque maschi e cinque femmine. Tutti noi maschi fummo iscritti all’Istituto Leone XIII dei Gesuiti. La parrocchia era invece quella dei Carmelitani, del Corpus Domini. Ricordo molto bene sia la visita di Montini alla mia parrocchia, sia le sue frequenti visite al Leone XIII, perché lì c'era anche un suo vecchio professore gesuita, che gli aveva insegnato scienze a Brescia. Naturalmente una famiglia di dieci figli, come la nostra, non poteva passare inosservata all'occhio sensibile e attento di un pastore come lui. Io ero ancora piccolino (avevo appena otto anni), ma la sua predicazione era così intensa ed efficace che affascinava tutti, grandi e piccoli”.
Papa Montini fu uno studente dell’Università Lateranense di cui lei è Rettore: un rapporto che proseguì anche negli anni successivi?
“Il rapporto di Montini con la Lateranense fu un rapporto molto stretto, a cominciare dal fatto - e mi fermo solo su questo - che egli fu studente, e poi professore, del Laterano nell'antica sua sede dell'Apollinare. Il 3 luglio 1924, a 27 anni, Montini vi coronò il suo prestigioso "curriculum studiorum" con una terza laurea, quella in Diritto Civile, conseguita presso l'Istituto Giuridico Lateranense. Tra i Professori della Commissione Esaminatrice troviamo nomi illustri, come quelli dei futuri cardinali Larraona e Ottaviani. Più tardi, fra il 1930 e il 1937, egli fu professore di Storia della Diplomazia Pontificia nell'Institutum Utriusque Iuris. Svolse tale incarico con competenza e con un sèguito entusiastico da parte degli studenti. Era Rettore Magnifico lo storico mons. Pio Paschini, a cui Montini rimase legato da stretti vincoli di amicizia”.
Perché Paolo VI è considerato il Papa della modernità?
“Forse nessun altro Papa del secolo XX ha percepito così intensamente - “drammaticamente”, oserei dire - la situazione della cultura moderna. Basterebbe ricordare due soli suoi testi: l’“Ecclesiam Suam” e l’“Evangelii Nuntiandi”. L’“Ecclesiam Suam” fu la prima enciclica di Papa Montini, e rimane la chiave ermeneutica del Concilio Vaticano II. È l'Enciclica del dialogo, all'interno e all'esterno della Chiesa. Vi vengono tracciati i vari cerchi del dialogo, ovviamente, Gesù Cristo rimane al centro di tutti. È interessante notare che i viaggi di Paolo VI - che, nella loro novità, assumevano un profondo valore simbolico - non facevano altro che rimarcare questi medesimi cerchi del dialogo interreligioso e interculturale: dalla Terra Santa all'India, dalla Turchia alle Nazioni Unite, da Ginevra all'Africa, all'Asia Orientale, all'Oceania e all'Australia. E' evidente che l'azione pastorale di Papa Francesco si ispira anche a Paolo VI, che è citato esplicitamente quindici volte nell'"Evangelii Gaudium". Infine, come il grande Santo di cui porta il nome, Paolo VI fu un grande viaggiatore ed evangelizzatore. Tutti conoscono il meraviglioso fervore evangelizzatore di Giovanni Paolo II. Ma pochi ricordano che fu il primo Papa della storia a prendere l’aereo”.
Paolo VI viene spesso ricordato per il suo accorato appello, rimasto inascoltato, alle Brigate Rosse per la liberazione di Aldo Moro…
“Montini era uomo di amicizie intense, profonde, sincere, e quella con Aldo Moro fu certamente un'amicizia privilegiata. Lo attesta nel modo più chiaro la commovente preghiera del 13 maggio 1978, scandita da quello straziante: "Signore, ascoltaci!". Peraltro, contrariamente a ciò che da quella preghiera potrebbe sembrare delle realtà politiche Paolo VI ha sempre conservato un inguaribile ottimismo, alimentato dalla fede. Nell'ottantesimo anniversario della "Rerum Novarum", Montini si interrogava così, nella sua "Octogesima Adveniens": "La nascita di una civiltà urbana non è un vera sfida alla saggezza dell'uomo, alla sua capacità organizzativa, alla sua immaginazione rispetto al futuro?". Ebbene, proseguiva Paolo VI," che i cristiani, coscienti di queste nuove responsabilità, non perdano coraggio davanti all'immensità della città senza volto, ma si ricordino del profeta Giona, il quale percorse in lungo e in largo Ninive, la grande città, per annunciarvi la buona novella della misericordia divina. Nella Bibbia la città è sovente il luogo del peccato e dell'orgoglio..., ma città è anche Gerusalemme, la città santa, il luogo dell'incontro con Dio, la promessa della città che scende dall'alto".

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