OMELIA nella messa di suffragio per ROSARIO MAIORANO

(Celabrata da Don Giuseppe CASTI - Delegato Mondiale dei Salesiani Cooperatori)

Carissimi

Ci ritroviamo, a meno di un anno, in questa stessa chiesa, per ricordare Rosario, insieme a Laura, Gabriele e Maria Laura, e al fratello Fernando.

Sono trascorsi nove mesi dalla morte di Rosario. Nove mesi, normalmente, sono il tempo di una nascita. Io credo, perciò, che in questi nove mesi Dio abbia parlato al vostro ­cuore per dirvi parole di consolazione: parole di pace fatto nascere germi di speranza. Ma la morte di Rosario è giunta così improvvisa che ci lascia ancora sgomenti e disorientati. La morte, come ogni malattia, è sempre un evento difficile da accogliere. Soprattuto quando facciamo fatica a comprendere fino in fondo le motivazioni. Il tempo lenisce le ferite ma non le rimargina del tutto e lascia tante domande nella mente e nel cuore; domande rivolte a Dio, prima ancora che agli uomini: perché Signore? Che senso ha? Non meritavano questo ...

Senza volerlo portiamo Dio sul banco degli imputati e la risposta di Dio a queste domande tragiche è il silenzio.

Un silenzio, però, che non è vuoto ma abitato da una presenza che abbraccia il nostro dolore e ci restituisce un'altra presenza, a noi tanto cara, quella di Rosario che non c'è più. Un silenzio in compagnia di Gesù presente nel segno del pane spezzato: l'Eucaristia. Eccoci, allora, oggi, non con risposte a tutti i nostri interrogativi, ma con una presenza amica sotto il segno del pane e del vino. Il pane e il vino sono il segno di uno che ha dato la sua vita e l'ha spezzata per noi. Con la sua morte e risurrezione ha vinto la morte. E' questo che ci consola e dà luce e senso al nostro ritrovarci insieme questa sera. Questa presenza viva ci dice che la VITA e l'AMORE sono più forti della MORTE, che il bene è vincente sul male. Lui, Gesù, ha conosciuto il male e la morte, ma è vivente in mezzo a noi. Come Rosario, con la sua vita donata e spezzata, è vivente in mezzo a noi.

Certo, ci vorrà un lungo cammino di fede per esclamare come Giobbe: "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore!".

Ma, come per Gesù, anche per Rosario, in questo momento rimane in benedizione il ricordo di una vita donata tutta per gli altri.

Un uomo essenziale e profondo. Essenziale nei gesti e nelle parole. Tutto nasceva da un'unica sorgente: l'amore. Amore che ha saputo donare alla moglie Laura e ai figli Gabriele e Maria Laura. Amore che ha donato ai semplici, agli umili, ai più poveri e bisognosi di affetto nel Centro per minori in difficoltà qui al Sacro Cuore. La sua competenza e serietà professionale era la base per uno stile di vita sobrio, evangelico e salesiano. "Essere buon cristiano e onesto cittadino" per Rosario non era un semplice slogan ma un impegno a vivere la fede nel quotidiano della vita famigliare e sociale. Impegno evangelico che ha il profumo della spiritualità salesiana perché incontrando salesiani innamorati di Don Bosco, come Zi'Fonso, totalmente donati ai giovani, anche lui si è innamorato di Don Bosco e ha scelto di condividere la vocazione e la missione dei salesiani come Salesiano Cooperatore. Come Coordinatore Mondiale dell'Associazione si è speso senza risparmio per la rielaborazione del Progetto di Vita Apostolica nell'intento di rivitalizzare l'Associazione e rispondere, così, in modo nuovo e creativo, alle sfide del nostro tempo. Un Progetto di Vita Apostolica che lui incarnava perfettamente. "Uno stile di vita, come recita l'articolo 7 del nostro Progetto di Vita, improntato allo spirito delle Beatitudini, una vita secondo lo Spirito come sorgente di gioia, di pace e di perdono".

Stiamo per celebrare il V Congresso Mondiale che ha come tema: "Corresponsabili per rispondere alle nuove sfide". Rosario ci ha dato un esempio ammirabile di corresponsabilità aiutandoci a ripensare il passato con fedeltà e intelligenza, leggere con sapienza il presente e guardare con ottimismo e passione al futuro.

Ma proprio pensando al futuro e per costruire il futuro, famigliari, amici e cooperatori, oggi ci chiediamo: "perché, allora, non è rimasto tra di noi?".

Dopo un lungo silenzio dove accoglie pazientemente tutti i nostri "perché?" Dio, alla fine, risponde. Risponde ponendoci una domanda. E' la domanda fondamentale che Dio rivolge a Giobbe, e con lui ad ognuno di noi: Dov'eri tu quando creavo il mondo?

Questa domanda lascia noi senza parole. Possiamo solo dire con il Salmista: "Guidami Signore, per una via di eternità". E' ciò che fa con ciascuno di noi ed ha già compiuto con Rosario. L'unica risposta, dunque, è che Dio ha un suo progetto più grande, misterioso che noi non riusciamo a percorrere perché parte dall'inizio del mondo fino alla fine dei tempi. In questo progetto ogni realtà e ogni vita hanno una loro collocazione in un orizzonte così ampio che ci sfugge e che non sappiamo e non possiamo abbracciare. Siamo, allora, invitati ad entrare con fede in questo progetto salvifico più grande di noi; sappiamo che esso è sempre efficace: Molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il disegno del Signore resta saldo (Pr 19,21). Di una cosa siamo sicuri: essendo Dio luce e amore, anche il progetto di Dio è luce e amore.

Ed è nella luce e nella pienezza dell'amore che, in questo momento, immaginiamo e vediamo Rosario. Davanti a Dio può esclamare:

Io ti conoscevo per sentito dire: ora i miei occhi ti hanno veduto. Vedere Dio, è il vertice della fede, è l'esperienza diretta e radicale di Dio. Questa esperienza autentica. di Dio non ci risparmia il dolore né le domande, ma ci libera da ogni giudizio su Dio. E' lecito, allora, ricordare Rosario davanti a Dio con gli occhi illuminati del cuore in un incontro intimo superiore a quello che aveva auspicato e sperato. In fondo questo è il desiderio più profondo di ogni uomo: "Il tuo volto Signore io cerco. Quando verrò e vedrò il tuo volto?" .

Vedere il volto di Dio, vederlo faccia a faccia. La beatitudine, cioè la felicità", non è fatta di analisi e di concetti teologici, ma di questa visione di Dio. L'uomo ha bisogno soprattutto di un'esperienza personale della presenza e dell'azione di Dio nella sua vita. Spesso Dio rimane un oggetto di dibattito. Per Rosario, invece, Dio era una persona da incontrare nei poveri e ora è una persona incontrata faccia a faccia. "Io ti conoscevo per sentito dire: ora i miei occhi ti hanno veduto."

 

Questo era anche il sogno di Don Bosco per tutti i suoi giovani: vi voglio felici nel tempo e nell'eternità. Felici "nel tempo" per Don Bosco voleva dire orientare i giovani verso valori umani e cristiani, proporre progetti di vita pieni di fascino, acquisire competenze professionali per dare dignità al lavoro. Elementi essenziali per dare senso alla vita e guardare con speranza al futuro. Questo è il cammino terreno per essere felici anche nell'eternità. In questo Rosario si è dimostrato un degno figlio di Don Bosco.

E come figlio di Don Bosco e membro della Famiglia Salesiana noi, ora, ti ricordiamo. Preghiamo per te perché tu possa godere per sempre la pienezza della Pace e dell'Amore. Perché tu possa entrare nella comunione della Famiglia di Dio accompagnato dal nostro padre Don Bosco e preso per mano, con tenerezza materna, da Maria, nostra madre. Rosario, tu che vedi Dio faccia a faccia, fa giungere un raggio di quella luce e di quell'amore a Laura, Gabriele e Maria Laura, ai tuoi amici e parenti qui riuniti, e ai Salesiani Cooperatori che si apprestano a celebrare il Congresso Mondiale.

Così sia

 

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