Non basta sapere le cose, bisogna praticarle. (don Bosco)

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Notizie

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Sollecita la risposta personale dello spettatore la mostra “Matteo 25. Restiamo umani” che sarà ospitata nella nostra Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Speranza a Roma, realizzata dall’artista Massimo Ungarelli, in collaborazione con l’Associazione Midrash, e che ha per oggetto i rifugiati, o meglio il nostro modo di guardare i rifugiati.

Il titolo è un chiaro riferimento al celebre capitolo del vangelo di Matteo, in cui il Cristo al suo ritorno nella Parusia, interroga i suoi chiedendo se lo abbiano riconosciuto in colui che aveva fame, che aveva sete, che era nudo, che era fuggitivo e se lo avevano aiutato. La mostra vuole dunque condurre lo spettatore a rispondere affermativamente a quella domanda, ad avere degli occhi nuovi non solo per “vedere” i rifugiati, cioè coloro che allo stesso tempo sono affamati, assetati, nudi e senza casa, ma a “guardarli” come persone, con la loro storia, i loro sogni, le loro paure, i loro affetti.

La mostra è composta da 25 opere di grandi dimensioni che hanno come tema – appunto - i rifugiati. Ungarelli parte dall’utilizzo di foto vere “per la potenza coinvolgente che solo la verità garantisce” ha spiegato l’artista. Su questa verità interviene poi il colore, con pastello e carboncino su fondo base in acrilico. Ciascuna opera è montata su pannelli di legno assemblati con scarti di falegnameria. “pannelli che generano bellezza imperfetta, per la loro superfice ferita”, ha osservato Ungarelli, “perfetta incarnazione metaforica di cosa è realmente la vita”. In tutti i pannelli c’è il rosso “colore che rappresenta gli estremi”, l’amore ma anche la guerra, il sangue ma anche la regalità.

L’idea è quella di rendere i rifugiati protagonisti delle preghiere e delle riflessioni dei fedeli durante le celebrazioni e durante tutto il periodo di Quaresima. La mostra infatti è aperta al pubblico dal 14 febbraio - mercoledì delle ceneri - e resterà visibile fino al 7 aprile - domenica “in albis”. L’inaugurazione ufficiale avverrà sabato 24 febbraio alle 16.00, a cui interverrà lo stesso Ungarelli. La mostra sarà visibile quindi durante le ore di apertura della chiesa - dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 12.30. Per il resto sarà visitabile su prenotazione, ma sempre gratuitamente. La mostra è già stata esposta al Museo Casa Don Bosco e l'artista ha presentato alcune sue opere al Pontefice.

Sarà possibile, per chi lo volesse, acquistare delle stampe e riproduzioni delle opere e il ricavato andrà sempre a beneficio dei rifugiati.

 

 

 

OMELIA NELLE ESEQUIE DI ROSARIO MAIORANO

ROMA – BASILICA PARROCCHIALE DEL SACRO CUORE DI GESÙ

3 GENNAIO 2018

 

Carissimi,

desidero rinnovare le mie condoglianze ai parenti di Rosario qui presenti e in particolare alla moglie Laura, ai figli Gabriele e Maria Laura, al fratello Fernando.

              Saluto tutti i presenti: i confratelli (tra cui Don Francesco Cereda e Don Giuseppe Casti); i numerosi Salesiani Cooperatori (tra cui la Coordinatrice Mondiale Sig.ra Noemi Bertola), gli amici, i colleghi di lavoro di Rosario presso il Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione (la Dott.ssa Marta Leonori, Commissaria Formez), il Vicesindaco di Cercello.

              Saluto tutti voi che avete scelto di stringervi oggi a Rosario ed alla sua famiglia.

              So bene che questi ultimi mesi ci hanno lasciato sgomenti e disorientati. La morte è sempre un evento difficile da accogliere: persino Gesù ha pianto di fronte all'amico Lazzaro deposto da quattro giorni nel sepolcro, pur sapendo che di lì a poco l'avrebbe risuscitato. La morte la accettiamo e la comprendiamo più facilmente al termine di una esistenza prolungata nel tempo, in cui si è avuto modo di portare a compimento sogni e progetti legittimi. Facciamo più difficoltà ad accoglierla quando essa giunge prima di quello che a noi sembra un corretto compimento. E facciamo ancora più difficoltà a digerirla quando giunge quasi all'improvviso, e senza che ne riusciamo a comprendere fino in fondo le motivazioni. La velocità ed aggressività della malattia ci spiazza, ci fa sentire impotenti di fronte ad un evento che appare illogico, immotivato, innaturale, inspiegabile rispetto ai criteri non scritti di una sorta di dover essere, di legge che riteniamo la vita debba comunque rispettare. E una situazione di questo tipo fa sorgere tante domande nella mente e nel cuore; domande rivolte a Dio, prima ancora che agli uomini: perché Signore? Perché proprio Rosario? Che senso ha? Certamente lui o i suoi parenti non meritavano questo…

              Però la vita, quella con la “v” minuscola e quella con la “V” maiuscola, non segue sempre i criteri di quello che a noi sembrerebbe buon senso, si prende anzi la libertà di scompaginarli; La Vita ci chiede di stare pronti, perché mettere fine alla nostra esistenza terrena non dipende solo o soprattutto dalle nostre decisioni. E poi, se alziamo gli occhi verso il crocifisso, ci rendiamo conto che prima di Rosario proprio Gesù ha vissuto una morte (ancora più) ingiusta, incomprensibile ed apparentemente insensata. Pensiamo perciò che Rosario in fondo abbia imitato Gesù, come d’altra parte sappiamo che ha cercato di imitarlo e seguirlo nella vita.

              In che modo la sua vita (con la v minuscola) si è incontrata e intrecciata con la Vita dalla V maiuscola? Quali appuntamenti lo Spirito di Dio ha fissato per l'incontro tra il Padre eterno e questo suo figlio? Chiedendo ai parenti quali potessero essere due letture bibliche che si attagliavano bene alla vita di Rosario, e che lui aveva cercato di vivere con particolare intensità, mi sono stati indicati i due brani che abbiamo letto.

              Nella prima lettura, un passo della lettera di san Giacomo apostolo, si ricorda che la fede senza le opere è morta; l’apostolo può ben dire: mostrami la tua fede senza le opere ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. Ed effettivamente la vita di Rosario è stata costantemente impegnata nel mettere in pratica il Vangelo, nell’offrire opere concrete, nel passare dalle parole ai fatti. Un impegno segnato da una parte dall’umiltà, dal desiderio di non apparire nel fare il bene; e dall’altra dall’attenzione ai più deboli, nella logica del Cireneo, che in silenzio aiuta il Signore a portare la croce, perché Gesù non ce la fa più a stare in piedi da solo. Non è un caso che Rosario abbia scritto anni fa un piccolo saggio dal titolo “Quinta Stazione”, è cioè una riflessione proprio sulla stazione della Via Crucis che vede entrare in campo Simone di Cirene accanto a Gesù.

              L’impegno a rendere visibile e concreta la propria fede a vantaggio dei più deboli si intreccia fin dall’inizio della vita di Rosario con la figura di Don Bosco, che impregnerà di salesianità il suo modo di vivere il Vangelo.

              Rosario ha infatti conosciuto Don Bosco già da allievo della scuola salesiana - media e superiore - di Caserta; si è poi appassionato sempre più alla sua figura ed al suo carisma frequentando proprio qui al Sacro Cuore l’esperienza del Centro Minori Don Bosco e la figura del suo fondatore, Don Alfonso Alfano, detto Zì Fonzo. E’ maturata contemporaneamente in lui la vocazione a Salesiano Cooperatore. E questa vocazione la ha vissuta con grandissima dedizione, tanto da essere nominato Coordinatore Mondiale dell’Associazione ed essere rimasto in questo incarico per circa 10 anni.

              La passione per Don Bosco si è identificata in Rosario con la passione per la salvezza  e la felicità dei giovani; vi voglio felici nel tempo e nell’eternità, diceva Don Bosco; giovani che lui ha cercato di aiutare e sostenere in tanti modi, anche attraverso il suo impiego lavorativo, dove si è sforzato di proporre e guidare progetti che potessero favorire l’occupazione giovanile, ben sapendo che se un giovane rimane con le mani in mano è molto più a rischio di commettere sciocchezze e di rovinare l’esistenza propria ed altrui; se invece si impegna in un lavoro, può mettere opportunamente a frutto le sue abilità e competenze e diventare capace di testimoniare valori e di produrre beni e ricchezze per sé e per la società intera.

              La sua passione per la vita e per il vangelo si è incontrata un giorno con quella di Laura: anche lei affascinata da Don Bosco ed impegnata - da insegnante - a servizio dei giovani. Dal loro amore sono sbocciati, come frutti preziosi e delicati, Gabriele e Maria Laura. Marito e padre esemplare, Rosario ha vissuto anche - e a maggior ragione - la sua vocazione matrimoniale con impegno e dedizione grandi!

              Sì, e credo che proprio questo sia uno dei tratti che ha contraddistinto la sua vita: vivere l’ordinario in modo straordinario; la fede è una realtà seria e bella, il bene va fatto bene, gli impegni vanno onorati: in casa come sul lavoro; con gli amici come nell’Associazione dei Salesiani Cooperatori. Quanto zelo nell’impegno lavorativo, dove fino alla malattia Rosario non si assentava praticamente mai; e quanto zelo nella conduzione dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori, che Rosario ha condotto in una lunga e delicata fase di transizione, quella in cui si elaborava il nuovo Progetto di Vita Apostolica e si proponeva che la parola “salesiano” da aggettivo diventasse sostantivo! Persino nel letto di ospedale, fortemente provato dalla malattia Rosario ha trovato la forza di incoraggiare ed aiutare il suo compagno di stanza, che proprio nei giorni scorsi ricordava con commozione il sostegno ricevuto.

              Chi non è abitato dalla speranza potrebbe dire ora con amarezza che tutto questo è stato una passione inutile… ma non è assolutamente così. Quella concretezza che ha accompagnato la sua vita di credente e di salesiano cooperatore trova riscontro oggi nella concretezza della fedeltà di Dio. Sì, lo diciamo nella fede, ma ci crediamo! Crediamo alle parole delle Beatitudini, che abbiamo ascoltato oggi nel Vangelo e che sono state proclamate anche il giorno del matrimonio di Rosario e Laura. Crediamo che i poveri in spirito, i miti, gli afflitti, i misericordiosi, i costruttori di pace, gli affamati e assetati di giustizia, i puri di cuore… sono beati! Beati, cioè felici; e ricevono in eredità il regno dei cieli. Crediamo nella fede, che Rosario entrerà nel regno dei Cieli o forse vi è già entrato. Noi comunque preghiamo in suo suffragio, perché lui possa al più presto essere accolto nell’abbraccio misericordioso e infinito del Padre. Tra le altre cose Rosario può contare su un lasciapassare di non poco conto: oltre infatti ad essere parte della famiglia di Don Bosco porta un nome - Rosario - che fa tremare l’inferno e riempie di gioia il Cielo. Lo immaginiamo perciò accolto dalla Vergine Maria, celebrata in questi giorni come Madre di Dio, ed accompagnato da lei presso il Signore, mentre Don Bosco si fa vedere in lontananza segnalando al Padre eterno che si tratta di uno dei suoi…

              Se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me, abbiamo ascoltato nel salmo 22. Rosario ha affrontato l'oscurità della malattia sapendo di essere comunque recato sulle spalle dal Buon Pastore.

              Carissimo Rosario, “buon cammino”; prega per noi e arrivederci in Paradiso!

Don Leonardo Mancini SdB

 

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